venerdì 17 ottobre 2014

Economia Aziendale - Parte 6

Economia Aziendale - Parte 6 

Capitolo 7

Il modello del bilancio

Come nel caso Buffet, il bilancio rappresenta per gli investitori la prima fonte d’informazioni per comprendere l’andamento aziendale nel suo complesso ed esprimere valutazioni e considerazioni su come la gestione aziendale attivi processi mirati alla creazione di ricchezza. Pensiamo, prima di tutto, al management e all’organo di governo aziendale che necessitano di uno strumento in grado di fornire il quadro complessivo sulla situazione dell’azienda, al fine di comprendere la validità delle scelte operate. Ma anche i soci di minoranza, i finanziatori, la pubblica amministrazione, i clienti, i fornitori, i lavoratori, ovvero gli stakeholder in generale,sono interessati all’andamento dell’unità aziendale e devono poter disporre di un quadro di sintesi in grado di consentire un giudizio sull’andamento complessivo dell’azienda in un determinato arco temporale. Modello del bilancio,che si propone di rappresentare l’andamento complessivo dell’azienda mediante un sistema di valori (di derivazione contabile). Lo scopo del modello del bilancio è consentire la determinazione e la rappresentazione del risultato di periodo e del capitale di funzionamento, o, in altri termini, delle condizioni di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale in cui versa l’unità aziendale.

La determinazione del risultato di periodo

Il risultato economico di periodo è uno degli indicatori di maggiore rilevanza rilevanza ai fini dell’analisi della redditività aziendale e delle condizioni di equilibrio economico. In prima approssimazione, tale risultato può essere considerato la variazione della ricchezza che si è avuta nel corso del periodo oggetto di osservazione. Può essere inteso come il risultato positivo (in caso di utile) o negativo (in caso di perdita) che si viene a determinare sommando algebricamente i valori assegnati ai fattori produttivi utilizzati nel processo di produzione economica (costi) con quelli attribuiti ai proventi conseguiti a seguito del disinvestimento della produzione realizzata (ricavi). I componenti elementari del risultato di un qualsiasi periodo saranno pertanto principalmente costituiti da ricavi e costi che si originano a seguito delle operazioni aziendali, delle attività d’investimento e di disinvestimento. In un qualsiasi periodo, il risultato economico sarà dato dalla differenza tra valore della produzione ottenuta e valore dei fattori produttivi utilizzati per ottenerla; esso costituirà un indicatore di sintesi sulla validità dei processi attuali.

Il concetto di periodo amministrativo

Come si è appena osservato, non ha molto senso attendere il termine della vita aziendale per verificare se l’attività ha prodotto ricchezza o meno. Questa configurazione di risultato globale potrebbe essere determinata facendo ricorso a tre distinti metodi, ciascuno dei quali porterebbe al medesimo risultato:
   finanziario: consiste nel confronto tra la sommatoria delle entrate e delle uscite che si sono avute durante l’arco della vita aziendale
   patrimoniale: consiste nel confronto tra il valore conferito degli apportatori di risorse al momento dell’avvio dell’attività aziendale, incrementato di tutti i conferimenti successivi, e il valore dei rimborsi effettuati ai medesimi soggetti,compreso quello finale
   reddituale: ottenibile mediante il confronto tra tutti i ricavi e tutti i costi avutisi durante il periodo di vita dell’azienda

Come si può notare, il risultato che si ottiene con i tre metodi è il medesimo, in quanto il periodo considerato si riferisce all’intero arco di vita dell’azienda. Poiché i ricavi vengono misurati da entrate e i costi da uscite, alla fine della vita dell’azienda questi tendono a coincidere. Per lo stesso motivo, il risultato che si ottiene confrontando il conferimento iniziale dei soci e la somma ricevuta al termine della liquidazione dell’attività è il medesimo che si ottiene con gli altri due metodi appena esposti. Tuttavia,come evidenziato più volte, il risultato che si rileva al termine della vita aziendale è scarsamente significativo per fornire indicazioni rilevanti per la presa di decisioni. Per poter giudicare la validità delle scelte effettuate, è necessario che la verifica degli andamenti aziendali avvenga con cadenza ravvicinata nel tempo. La scelta del periodo (esercizio) è convenzionale. Di solito, anche sulla base del dettato legislativo, il periodo al quale si riferisce la determinazione del risultato è almeno annuale. Si procede, pertanto,alla determinazione del risultato di un periodo di lunghezza pari a dodici mesi. Questo significa che il ciclo economico aziendale può influenzare la scelta del periodo di riferimento. La correttezza e, soprattutto, il margine di soggettività che si hanno nella determinazione del risultato economico di periodo sono in larga misura influenzati dall’entità dei valori che si riferiscono alla cosiddetta gestione incompiuta, ovvero quei valori che riferiscono fanno riferimento ai processi ancora in corso di svolgimento. Nel caso del risultato globale, ovviamente il periodo di riferimento è quello che coincide con la vita aziendale, ma se si considera un periodo annuale le cose cambiano sostanzialmente,in termini di metodi, criteri e principi da adottare per la determinazione del risultato.
L’unitarietà della gestione impone quindi una forzatura: diviene necessario ricorrere a processi di valutazione per attribuire a un esercizio valori che sono di fatto comuni a più esercizi.
Si tratta sostanzialmente di distinguere il concetto di costo di acquisizione dal costo di utilizzazione di un fattore produttivo.

Costi e ricavi di periodo

È ovvio, quindi,che quando si deve verificare l’economicità della gestione, in riferimento a un singolo periodo, non si prenderanno in considerazione tutti i costi e tutti i ricavi che nel corso del periodo sono stati misurati dalle relative variazioni finanziarie,ma soltanto quelli che si riferiscono alle operazioni che si sono compiute e per le quali è possibile correlare i costi ai ricavi. Il costo dei vari fattori deve quindi essere fatto partecipare alla formazione del risultato nel periodo di competenza, secondo la quota utilizzata di quei fattori, indipendentemente dalla data d’incasso o pagamento. L’azienda acquisisce fattori produttivi che possono essere a fecondità semplice o a fecondità ripetuta. I fattori produttivi a fecondità semplice esauriscono la loro utilità in un unico ciclo produttivo, mentre quelli a fecondità ripetuta cedono utilità per un numero di cicli produttivi superiore all’unità. Tra i fattori a fecondità ripetuta si possono poi avere fattori pluriennali.
Dato che i fattori produttivi a fecondità ripetuta conferiscono la loro utilità per più cicli produttivi, per determinare correttamente il risultato di periodo il costo relativo al loro utilizzo dovrà essere ripartito su tutti i cicli ai quali partecipano.
Occorrerà, a questo proposito, determinare l’entità della quota di ammortamento, cioè il costo di utilizzazione dell’impianto. Sotto questo profilo, le quote di ammortamento rappresentano il costo di utilizzazione di fattori produttivi pluriennali e segnano quindi l’incidenza di tali fattori sul risultato economico dei periodo amministrativi in cui tali fattori hanno ceduto utilità. Anche per quanto riguarda i fattori a fecondità semplice occorrerà distinguere tra costo di acquisizione e costo di utilizzazione. Il costo di acquisizione, quindi, corrisponde all’uscita che si è avuta nel periodo per procurarsi la disponibilità di un fattore produttivo, mentre il costo di utilizzazione fa riferimento al valore dei fattori produttivi che sono stati impiegati nei processi e che hanno trasferito utilità economiche le quali si sono trasfuse nei prodotti e nei servizi che hanno generato ricavi nell’esercizio. La differenza tra costi di acquisizione e costo di utilizzazione darà il valore residuo, cioè quel valore che si trasferisce agli esercizi successivi e che nei periodo futuri dovrà essere remunerati dai ricavi, ai fini della determinazione del risultato di un qualsiasi periodo dovranno incidere i costi di utilizzazione dei vari fattori, mentre il valore residuo dei fattori produttivi confluirà nell’insieme delle risorse disponibili in un dato istante per la realizzazione delle combinazioni produttive future.
Il valore residue esprime quindi il valore ancora disponibile del fattore produttivo che dovrà partecipare alla formazione del risultato dei periodo successivi.
Avremo modo di vedere che si utilizza un prospetto, il conto economico per raccogliere i componenti positivi e negativi del risultato e determinare il risultato di periodo, mentre i valori che vengono sospesi e trasferiti agli esercizi successivi sono riepilogati nel prospetto che si propone di rappresentare il capitale di funzionamento a un dato istante e che prende il nome di stato patrimoniale. Stato patrimoniale e conto economico rappresentano pertanto i due prospetti fondamentali finalizzati alla rappresentazione del risultato economico e del capitale di funzionamento. Il valore delle utilità residue dei vari fattori acquisiti, nonché quello dei valori finanziari presenti in azienda al termine del periodo amministrativo rappresenta il valore della cosiddetta gestione incompiuta ovvero quell’insieme di elementi che vengono trasferiti ai periodo successivi e che costituiscono il capitale di funzionamento.

Il principio di competenza economica

La necessità di frazionare costi e ricavi fa emergere il concetto di competenza, un principio in base al quale si possono individuare i ricavi e i costi da includere nel prospetto che conduce alla determinazione del risultato (conto economico) e quelli che, invece, non devono esserlo, in quanto riferibili a periodi differenti. Pur essendo quella tra queste due alternative una scelta di pura convenienza, esiste una logica prudenziale, sovra-ordinata al principio di competenza, secondo cui gli utili generati dalla vendita di prodotti finiti saranno attribuiti all’esercizio in cui vi sarà la vendita degli stessi e non a quello in cui essi sono stati prodotti.

Approfondimento
I ricavi, come regola generale,devono essere riconosciuti quando si verificano le due condizioni seguenti:
   il processo produttivo dei beni o dei servizi è stato completato
   lo scambio è già avvenuto, si è cioè verificato il passaggio sostanziale e non formale del titolo di proprietà.
I costi devono essere correlati con i ricavi dell’esercizio. Tale correlazione si realizza:
   per associazione di causa a effetto tra costi e ricavi
   per riparazione dell’utilità o funzionalità pluriennale su base razionale e sistematica,in mancanza di una o più diretta associazione
   per imputazione diretta di costi al conto economico dell’esercizio o perché associati al tempo o perché sia venuta meno l’utilità o la funzionalità del costo. In particolare quando:

- i costi sostenuti in un esercizio esauriscono la loro utilità già nell’esercizio stesso o non sia identificabile o valutabile l’utilità futura
-  viene meno o non sia più identificabile o valutabile l’utilità futura o la funzionalità di costi che erano stati sospesi in esercizi precedenti
-  l’associazione di causa a effetto o la ripartizione dell’utilità su base razionale non siano di sostanziale utilità

Secondo questo principio, quindi, la determinazione del risultato d’esercizio deriva dalla contrapposizione tra i ricavi riconosciuti come di competenza e i costi a essa correlati.
Il prospetto che riepiloga i ricavi e costi di competenza è il conto economico.

Il bilancio d’esercizio

I prospetti di derivazione contabile dai quali si possono desumere le modalità di formazione del risultato (conto economico) e la composizione quali-quantitativa del capitale di funzionamento (stato patrimoniale) fanno parte, assieme alla nota integrativa, del bilancio d’esercizio, che rappresenta lo strumento mediante il quale si informano periodicamente i soggetti esterni sulle condizioni di equilibrio raggiunte dall’impresa nel periodo a cui il bilancio si riferisce. Il bilancio può essere composto anche da altri componenti o potranno essere richiesti allegati mediante i quali si integrino le informazioni quantitative contenute nello stato patrimoniale e nel conto economico e si informi su elementi e su fatti rilevanti per comprendere l’andamento aziendale ma che non potrebbero trovare espressione quantitativa.

La struttura di conto economico

Come abbiamo visto, il prospetto che riepiloga ricavi e costi di competenza, consentendo la determinazione del risultato d’esercizio, è il conto economico. La struttura di conto economico viene definita a sezioni divise e contrapposte in quanto presenta due sezioni: una per i componenti positivi di reddito e una per i componenti negativi. Dalla contrapposizione dei valori complessivi dei componenti delle due sezioni si determina il risultato d’esercizio, dato da un utile o da una perdita. La struttura a sezione divise e contrapposte è una delle possibili forme assunte dal conto economico e si presta particolarmente alla rappresentazione delle diverse categorie di costi e ricavi che partecipano alla formazione del risultato di periodo. I prospetti contabili (conto economico e stato patrimoniale) che compongono il bilancio dovranno quindi essere presentati ai soggetti esterni in una struttura tale da consentire di formulare un giudizio sull’andamento della gestione e di prendere decisioni in campo economico. In particolare, la struttura del conto economico dovrebbe consentire di comprendere e apprezzare la capacità di produzione di ricchezza dell’azienda in maniera duratura e sostenibile nel tempo. I lettori del bilancio,siano essi stakeholder interni o esterni all’azienda,potrebbero essere interessati ad approfondire le cause di questo risultato e, per esempio, verificare quale sia l’incidenza del costo dei differenti fattori sui ricavi o sul valore della produzione realizzata. Sotto questo profilo la struttura di conto economico presentata non ci consente di approfondire l’analisi sulle cause di formazione del risultato.

La struttura di stato patrimoniale

Al termine di qualsiasi periodo rimangono sempre fattori ancora da utilizzare, cicli produttivi da completare o prodotti ancora da vendere. Si avranno,inoltre,crediti e debiti ancora da incassare o da pagare, risorse liquide,rischi di formazione ecc... Al termine di ogni periodo avremo quindi denaro, valori finanziari positivi e negativi, che possono essere considerati fattori produttivi generici, ma anche valori economici riferiti a fattori specifici della cosiddetta gestione incompiuta. Quello della determinazione del capitale di funzionamento, inteso, nell’aspetto qualitativo,come complesso di beni o di servizi a disposizione, di diritto o di fatto, del soggetto economico in un determinato momento. I mezzi dei quali un’azienda dispone in un dato momento non hanno importanza se considerati singolarmente, bensì in quanto hanno la capacità di combinarsi con gli altri fattori della produzione che sono inseriti nell’unità aziendale. Non sono quindi i singoli beni o servizi a rappresentare la struttura aziendale, bensì un’adeguata combinazione,in termini qualitativi e quantitativi, di essi. Da un punto di vista qualitativo, l’analisi del capitale aziendale ha lo scopo di consentire giudizi sull’andamento gestionale. L’analisi qualitativa del capitale consiste quindi nello studio della sua struttura in relazione alle modalità di funzionamento dell’azienda. Se analizziamo le attività o, meglio, il valore attribuito alle attività, intese come valore dei mezzi a disposizione dell’impresa (gli investimenti), notiamo che queste sono composte da due grandi classi di elementi:
   i valori finanziari: mezzi liquidi, crediti di funzionamento e di finanziamento
   i valori economici: valori relativi a costi pluriennali, costi sospesi e, in generale, a valori che si riferiscono alla gestione incompiuta alla data alla quale si riferisce la rappresentazione del capitale di funzionamento.

Le passività sono a loro volta composte da due classi di elementi accesi a:
   valori finanziari, debiti di finanziamento o di funzionamento
   valori economici, tipicamente relativi ai ricavi anticipati

La differenza tra il valore delle attività e quello delle passività esprime il valore del capitale proprio dell’azienda, altrimenti denominato capitale netto.
Analizzare il capitale di funzionamento da un punto di vista qualitativo significa concentrare l’attenzione sulla sua struttura, sulle relazioni e sulle correlazioni tra le differenti classi che lo compongono e tra gli elementi attivi e quelli passivi. Sotto il profilo quantitativo, invece, si attribuisce rilevanza al capitale netto, il quale viene considerato come un fondo astratto di valori che in un dato momento indica la dotazione degli apportatori dei mezzi propri. L’entità del suddetto fondo di valori (il capitale netto) si determina, come appena precisato, nella forma:


Capitale proprio o netto=Attività   -  Passività

È un fondo di valori in quanto si determina come differenza tra il valore di tutte le attività e quello delle passività. Non si identifica,quindi,con singoli elementi dell’attivo e del passivo, ma si ottiene mediante una somma algebrica tra questi, quindi è un valore astratto e derivato dal processo di contrapposizione di cui si discute. Il capitale netto è comunque un valore incerto, poiché altrettanti incerti sono i valori attribuiti ai singoli elementi dell’attivo e del passivo. Il processo di determinazione del risultato, dal quale discende anche l’assegnazione dei valori ai componenti del capitale, è un processo che si basa su stime, congetture o, in altre parole, su ipotesi di andamento della gestione futura operante da parte dei soggetti che redigono il bilancio,quindi su giudizi suscettibili di errore. Se il capitale proprio o netto, al termine di ogni periodo, risulta accresciuto o diminuito per effetto del risultato del periodo, e se è incerta la determinazione del risultato stesso, quindi è incerto il suo valore,sui medesimi processi di valutazione soggettiva si basa la determinazione dell’entità del capitale netto. Capitale di funzionamentob(il totale delle attività) e capitale netto (differenza tra attività e passività) rappresentano quindi possibili prospettive di analisi del capitale aziendale. Quando si valuta la partecipazione alla formazione del risultato degli elementi che compongono il capitale di funzionamento dell’azienda, infatti, si tenta di valutare i singoli elementi al fine del contributo complessivo all’andamento dell’azienda in funzionamento, mentre il valore di scambio sul mercato rappresenta soltanto un parametro di riscontro indiretto che contribuisce a conferire maggior rigore logico al processo di valutazione. Il valore delle attività così come viene riepilogato nel bilancio non rappresenta il valore di mercato di queste o, meglio, la somma monetaria che si otterrebbe nel caso di scambio dei beni sul mercato. Di conseguenza, se il capitale netto rappresenta il risultato della somma algebrica tra attività e passività e queste sono valutate secondo principi e criteri di funzionamento piuttosto che di liquidazione, il valore del capitale netto non rappresenta il valore della ricchezza che otterrebbero i soci in caso di cessazione dell’attività, quanto piuttosto il valore della ricchezza conferita secondo criteri di funzionamento. Si tratta, pertanto, di un capitale netto di funzionamento e non di un capitale netto di liquidazione. Il capitale netto dell’azienda in funzionamento, quindi, da un lato non rappresenta il valore che si otterrebbe in caso di liquidazione, dall’altro lato non rappresenta il valore dell’azienda perché questa non è la sua finalità. Il valore dell’azienda viene comunemente associato a quello del capitale economico, che si determina invece in funzione della redditività futura e dei rischi. Da ciò si evince anche la relazione che lega il risultato di periodo al capitale: infatti, se da un lato il reddito costituisce l’elemento che conferisce valore al capitale, dall’altro la diversa conformazione qualitativa del capitale conduce a prospettive di risultato diverse. La funzione informativa nel bilancio d’esercizio molte volte risulta essenziale e preponderante rispetto ad altri scopi conoscitivi interni, e la prudenza nelle valutazioni è il logico corollario alla necessità di conservare l’integrità del capitale e all’impossibilità di prevedere con certezza il futuro. In realtà, il valore che si assegna al capitale dipende in larga misura dalle finalità del processo che periodicamente porta alle determinazioni di fine periodo. Si è già notato che il prospetto mediante il quale si è soliti rappresentare la struttura e la situazione del capitale è lo stato patrimoniale. A differenza del conto economico, che esprime il flusso dei valori reddituali nel periodo di tempo considerato, lo stato patrimoniale esprime gli stock che compongono la struttura del capitale aziendale in un determinato istante.

La dinamica monetaria

Si possono avere differenze anche notevoli tra andamenti economici e andamenti finanziari.
Il risultato dell’esercizio, come valore economico astratto e derivato da un processo di contrapposizione di componenti negativi e positivi, non ha natura finanziaria e non si incorpora in alcuno degli elementi iscritti tra le attività del bilancio. L’assegnazione del risultato al periodo di riferimento, pertanto, non implica affatto che la gestione abbia generato risorse liquide che, alla data di chiusura dell’esercizio, si rendono disponibili per il prelievo. Allo stesso modo,quando si distribuiscono i dividendi ai soci non si ripartisce l’utile, ma si distribuiscono somme monetarie le quali, nel caso in cui siano adeguate ai piani finanziari aziendali, non pregiudicano le buone condizioni di svolgimento dell’attività. Mentre, però, possono aversi periodo in cui i risultati economici non sono favorevoli senza che l’azienda debba cessare la propria attività,in quanto un’azienda solida può sopportare alcuni periodi di perdita,non possono aversi situazioni in cui non si ha la verifica dell’equazione finanziaria, in quanto l’attività rischierebbe di bloccarsi immediatamente. Se tutti i ricavi del periodo fossero realizzati anche monetariamente e a tutti i costi sostenuti corrispondessero anche uscite monetarie, il risultato di periodo coinciderebbe con la variazione che nel periodo considerato si è avuta delle risorse liquide aziendali. Le due dinamiche monetarie (monetaria ed economica) all’interno dei vari periodo procedono separatamente.

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