Capitolo 2 - Economia Aziendale
Governo
e funzionamento delle aziende
L’azienda
dell’ingegner Telmi è un modello da seguire per molti, per la sua successione
infatti si sta facendo molte domande:
• La
necessità di avere una persona o un gruppo di persone alla guida dell’azienda
le quali garantiscano unità di comando, continuità di governo e competenze di
gestione.
• La
necessità di acquisire risorse in termini di:
- persone
con competenze e capacità per realizzare nuovi prodotti ed erogare i servizi
offerti in modo efficiente,
- capacità
relazionali con fornitori per acquisire le materie prime
• La
capacità di realizzare i beni ed erogare i servizi richiesti alla clientela in
modo che siano ottimizzate le risorse impiegate e siano prodotti nel modo
migliore possibile e senza, per questo, pregiudicare la loro qualità.
Un
elemento fondamentale è il modo con cui l’azienda svolge le attività di
produzione ed erogazione dei servizi in modo che le risorse siano impiegate in
modo efficiente (senza sprechi) ed efficace (finalizzate al raggiungimento degli
obbiettivi che sono stati stabiliti).
Un
aspetto importante è quello delle decisioni che deve prendere l’aziende, devono
essere fatte per il bene dell’azienda e prese da tutti. L’ingegner Telmi è
consapevole che nel corso degli anni futuri la stabilità dell’azienda sarà
determinata dalla qualità dei rapporti tra i soggetti con la responsabilità di
prendere le decisioni di maggior impatto sulla struttura dell’azienda e sul
modo nel quale essa opera.
Azienda,soci
e società: tra problemi di governo e relazioni tra soggetti
Un’idea imprenditoriale deriva
dall’individuazione di un bisogno da soddisfare.
Quest’idea
imprenditoriale ha origine in un gruppo di persone che, in modo diretto o
indiretto,si fanno promotrici della traduzione, effettiva dell’idea in un
insieme di azioni, attività, decisioni
necessarie affinché essa si traduca in un bene da offrire o in un servizio da
erogare.Per rendere operativa quest’idea imprenditoriale, i soggetti che hanno
avuto tale idea si pongono immediatamente 4 ordini di problemi strettamente
connessi tra loro:
• La
presenza di un insieme di regole che stabiliscono nel modo più chiaro possibile
l’attribuzione delle responsabilità decisionali direttamente ai soggetti
promotori l’iniziativa imprenditoriale.
• La
presenza di un insieme di regole che stabiliscono nel modo più chiaro possibile
le modalità tramite le quali le risorse sono inizialmente conferite all’azienda
da parte dei soggetti promotori l’iniziativa imprenditoriale.
• L’individuazione
delle risorse specifiche che devono essere utilizzate al fine di realizzare i
prodotti o erogare i servizi in modo coerente con le attese presenti nel gruppo
dei soggetti promotori l’iniziativa imprenditoriale e tali da soddisfare i
bisogni dei potenziali consumatori.
• La
presenza di un insieme di regole che stabiliscono nel modo più chiaro possibile
come i differenti soggetti promotori l’iniziativa imprenditoriale sono
remunerati per i conferimenti di risorse,di denaro, di lavoro, di competenze che
apportano all’iniziativa imprenditoriale.
I
soggetti che hanno l’idea su cui si fonda l’iniziativa imprenditoriale sono
coloro che si attivano direttamente,per far partire l’attività
imprenditoriale. Questo significa che i soggetti promotori mettono a
disposizione dell’iniziativa imprenditoriale le risorse necessarie a iniziare
l’attività o si attivano per recuperare tali risorse nel caso non siano nelle
loro disponibilità. Nella maggior parte dei casi i soggetti promotori l’attività
imprenditoriale sono anche coloro che in modo diretto assumono in sé il potere
di prendere le decisioni più rilevanti per l’attività imprenditoriale. La
necessità di definire i rapporti tra i differenti soggetti promotori
l’iniziativa imprenditoriale diviene quindi un elemento particolarmente
importante che ha trovato soluzione in una serie di regole stabilite dal Codice
Civile. Tali regole riguardano le forme giuridiche di esercizio dell’attività d’impresa. La
forma di esercizio collettivo dell’attività d’impresa è chiamata atto
costitutivo. Tale atto regola i conferimenti delle risorse da parte dei soggetti
promotori l’iniziativa imprenditoriale(i soci). I soci possono partecipare
direttamente alle iniziative imprenditoriali messe in atto dalla società, e
quindi contribuire apportando anche lavoro ,oppure apportando (conferendo) solo
risorse. Pur nelle differenze intercorrenti tra le diverse forme
societarie (società di capitali e società di persone), le risorse che i soci
mettono a disposizione dell’azienda per lo svolgimento delle differenti
attività imprenditoriali costituiscono il capitale dell’azienda. Queste risorse
sono costituite da denaro, attrezzature, contratti
commerciali, brevetti, fabbricati, reti di vendita, ecc.. e una volta conferite
diventano proprietà dell’azienda che cede ai soci alcuni diritti a fronte di
questo conferimento. In primo luogo, i diritti che i soci acquisiscono riguardano
la possibilità di scegliere i soggetti che gestiranno le attività
imprenditoriali messe in atto dall’azienda. In secondo luogo, i soci acquisiscono
il diritto di proprietà sulla ricchezza che l’azienda tramite lo svolgimento
delle differenti attività imprenditoriali è in grado di realizzare nel tempo. In
particolare, diventa prerogativa dei soci decidere come tale ricchezza deve
essere utilizzata: se deve essere trattenuta in azienda ovvero se può essere
distribuita ai soci, secondo delle regole stabilite dal Codice Civile o da
contratti specifici società per società. Il capitale conferito dai soci ad una
società rappresenta un investimento che i soci compiono nella prospettiva che
possa portare a una remunerazione futura e che garantisce la possibilità di
scegliere i soggetti i quali governano le società. I soci oltre a esercitare
queste 2 prerogative tipiche dell’attività imprenditoriale sostengono il
rischio collegato alla gestione dell’azienda in quanto la capacità
di generare ricchezza non è stabilita e determinata in modo certo da un
contratto ma è incerta e variabile. Il capitale conferito dai soci
all’azienda,oltre ad essere chiamato capitale
proprio (dell’azienda),è definito come capitale
di rischio. È di rischio perché non vi sono sicurezze sulla capacità, nel
tempo,dell’azienda di generare ricchezza tramite lo svolgimento delle proprie
attività imprenditoriali. Di conseguenza, anche la remunerazione offerta ai soci
è incerta e variabile, non essendo determinata a priori da regole
contrattuali. Inoltre, il capitale conferito dai soci è apportato in azienda
senza uno specifico obbligo di restituzione, non essendo stabilito il momento
nel quale tale capitale dovrà essere restituito. Nel caso in cui le attività
imprenditoriali messe in atto da una società non incontrino i favori del
mercato e la società fallisca, il capitale di rischio conferito dai soci
potrebbe anche non essere restituito dalla società ai soci stessi. Le risorse
che i soci conferiscono all’azienda sono vincolate in modo permanente
all’azienda e quindi possono non essere restituite. Se i soci non hanno la
volontà o la possibilità di conferire nuove risorse alla società, una prima
alternativa riguarda l’apertura del capitale a nuovi soci. In sostanza, vengono
individuati altri soggetti disponibili ad apportare capitale di rischio. Questo
incremento di capitale ha però come primo effetto una ridefinizione dei
rapporti esistenti tra i soci e, non ultima, la ridiscussione delle modalità di
attribuzione dei poteri. Una seconda alternativa è riassumibile nella capacità
dell’azienda di potenziare il proprio capitale trattenendo al suo interno la
ricchezza che ha prodotto nel tempo,invece di destinarla a remunerare ai
soci. La quantità di questa ricchezza trattenuta in azienda è per una quota
definita dalla legge e dalle regole che la stessa società si è data (contenute
nello statuto) e in parte determinata su base volontaria in funzione delle
necessità di individuate dai soci. Andando oltre una semplice descrizione dei
fenomeni, si evidenzia una chiara separazione tra i proprietari della società (i
soci), anche per quelli con significative quote di proprietà (i tre fratelli), e
coloro che si trovano a gestire le attività imprenditoriali della società. Il
problema ora è che l’azionista di maggioranza, il quale è anche il soggetto che
governa la società, può avvantaggiarsi della propria posizione pre prendere
decisioni che danneggiano gli azionisti di minoranza. Gli azionisti di minoranza
hanno il diritto di esercitare una qualche forma di controllo sull’operato
dell’azionista di maggioranza appunto per garantirsi contro il rischio che le
scelte dell’azionista di maggioranza siano condotte nel rispetto dei loro
diritti e non intenzionalmente messe in atto per espropriare loro parte della
ricchezza. Nel caso in cui l’azionista di maggioranza (o gli azionisti) deleghino
a soggetti terzi la responsabilità del governo delle attività imprenditoriali
di una società ci si trova ad affrontare alcuni problemi sia di natura teorica
sia operativa. Lo strumento tramite il quale i soci esercitano i loro poteri con
riferimento ai 2 ordini di decisioni aziendali che a loro spettano (la nomina dei soggetti che gestiscono le
le attività imprenditoriali della società e la modalità di utilizzo della
ricchezza prodotta dalla società) è la votazione di un assemblea (assemblea dei
soci). È nell’assemblea dei soci che viene deciso chi deve gestire la
società (e le sue attività imprenditoriali) per conto dei soci, cioè il soggetto
o i soggetti a cui viene delegato il potere di governare direttamente la
società. L’organo al quale viene delegato questo potere è il Consiglio di Amministrazione, la cui
composizione (numero a scelta dei membri) è decisa e votata dall’assemblea dei
soci. Il consiglio di amministrazione può essere composto sia da soci sia da non
soci, da dipendenti della società come da soggetti esterni che possono
contribuire al governo della società così come da soggetti esterni che possono
contribuire al governo della società così come da soggetti che non sono
coinvolti direttamente nel Consiglio di Amministrazione non è un organo che
opera quotidianamente. Al fine di rendere possibile la gestione corrente, il
Consiglio di Amministrazione attribuisce deleghe a uno o più suoi
componenti (gli Amministratori Delegati). Tale livello di autonomia è determinato
dallo statuto della società per quanto riguarda i poteri trasferiti
dall’assemblea dei
soci al Consiglio di Amministrazione e da regole stabilite e approvate dal
Consiglio di Amministrazione per il potere trasferito dal Consiglio di
Amministrazione agli Amministratori Delegati. Ogni Amministratore Delegato opera
quindi in massima autonomia all’interno dell’insieme di deleghe a lui date dal
Consiglio di Amministrazione. In funzione della complessità delle attività
imprenditoriali della società si avvale di tecnici che conoscono elementi
specifici delle attività aziendali.È in questo gruppo di soggetti, formato dal
Consiglio di Amministrazione, dagli Amministratori Delegati e dal gruppo di
manager al quale vengono affidate responsabilità specifiche nella gestione
della società, che si individuano i soggetti con le massime responsabilità
decisionali in azienda e quindi hanno la prerogativa di incidere maggiormente
sulle dinamiche aziendali con le loro decisioni. Non tutte le società scelgono
di nominare un organo collegiale cui delegare la responsabilità del governo e
della gestione della società. La scelta di un organo collegiale deriva dalla
necessità di rappresentazione dei differenti soci nonchè dalla complessità
della società. A questo Amministratore unico vengono trasferiti i poteri di
governo e gestione della società direttamente dall’Assemblea dei soci,e
opera,in sostanza, come un Consiglio di Amministrazione. La qualità dei rapporti
tra i soci e gli organi da essi delegati per il governo e la gestione hanno
primaria importanza per ogni società.
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